Appello Ong: denunciata una pericolosa strategia di tutela ambientale

Il Piano strategico per la biodiversità è scaduto quest’anno. Era stato avviato nel 2011 e derivava dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD), adottata durante il Vertice sulla Terra tenuto a Rio de Janeiro nel 1992 in Brasile. La bozza del nuovo documento, prodotta dal gruppo di lavoro, formato dai paesi firmatari della Convenzione, sarà approvata nella XV sessione della Conferenza delle Parti (COP15), che avrà luogo nel maggio 2021. Secondo molte Ong, sparse in tutto il mondo, il documento comporterà, per milioni di persone, il pericolo di essere costrette ad abbandonare i propri villaggi per fare spazio alle nuove aree protette in cantiere. Infatti tra gli obiettivi contenuti nella bozza c’è quello di creare parchi naturali interconnessi nel 30% del pianeta, con maggiore interesse per aree con buon grado di biodiversità.

Una delle possibili conseguenze negative evidenziate dalle Ong, in seguito allo sfratto di milioni di persone, potrebbe essere la grossa ricaduta sociale e la violazione dei diritti umani in materia ambientale e non solo. L’appello delle 128 Ong firmatarie chiede di riconoscere all’interno del Quadro globale per la e di proteggere i sistemi di sostentamento basati sull’uso della terra e delle foreste da parte delle popolazioni native, permettendo loro una pacifica esistenza. La riflessione a cui portano le organizzazioni non governative riguarda le due alternative possibili: dare più importanza alla creazione di nuovi parchi naturali oppure conciliare le esigenze delle popolazioni locali con quelle naturali, permettendo ad esempio la pratica della caccia per il sostentamento.

Queste denunce fanno il paio con quelle presentate al Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), alla Commissione Europea e alla Corona britannica dalla popolazione dei Baka, nativa dell’ara di Messok Dja, nella Repubblica Democratica del Congo. Il loro futuro sarebbe minacciato dal progetto del Wwf di trasformazione dell’area di Messok Dja in un parco nazionale e, secondo la denuncia, vi sarebbero stati abusi e violazioni dei diritti umani da parte dei guardaparco. Una vicenda che il WWF ha sempre smentito ed ha garantito l’impegno per coinvolgere maggiormente i nativi e garantire che il loro stile di vita non sia minacciato. “Siamo particolarmente angosciati dalle preoccupazioni circa le relazioni tra i ranger impiegati nella Repubblica Democratica del Congo e le comunità locali. Qualsiasi violazione delle nostre politiche è inaccettabile e prenderemo tutte le misure necessarie”.

Certo è che il territorio di Messok Dja fa parte della foresta transfrontaliera Dja-Odzala-Minkebe, che si estende tra Camerun, Congo e Gabon, ed è uno dei lembi di foresta più antichi rimasti nel bacino del Congo.
In questi luoghi quasi incontaminati, ricchi di flora e fauna, vivono anche circa ottomila persone, di cui circa trecento indigeni. BuzzFeed News ha svolto un’importantissima inchiesta sugli abusi e nel 2018 Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, aveva formalmente denunciato i soprusi contro i nativi e il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha avviato un’indagine.


È stato perpetrato un sistema coloniale e razzista, questi progetti vengono finanziati senza alcuna verifica”, ha commentato lo scorso giugno a Il Fatto Quotidiano l’antropologa di Survival Fiore Longo. “Bisogna decolonizzare la protezione della natura – ha aggiunto – perché la creazione di aree protette è legata al colonialismo”.
Secondo quanto riportato dal Guardian lo scorso febbraio, le indagini dell’Onu avrebbero raccolto numerose prove che confermano quanto denunciato.

E dal rapporto emergerebbe che i Baka sono vittime di pestaggi, sfratti sommari dai loro accampamenti nella foresta, distruzione di proprietà e confisca del cibo e si parlerebbe anche di torture e stupri nelle prigioni dove vengono incarcerati i nativi.
Dopo le denunce e le ispezioni diversi finanziamenti per il Wwf in Congo sono stati stoppati. Il via lo ha dato nel 2019 il governo tedesco, ma anche l’Unione Europea ha dato uno stop. Non solo. E’ stata avviata un’indagine sulle condizione delle comunità locali in tutti i parchi finanziati nel Paese.

 

Inchiesta di Buzzfeed

Reportage del The Guardian su abusi e torture

Link all’articolo di Antimafiaduemila

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