Sono nato a Catania il 5 agosto 1906
Nel maggio 1932 Ettore Majorana presenta una richiesta di finanziamento presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche per un viaggio di studio in Germania e Danimarca caldeggiato da Enrico Fermi, ed allega la seguente nota biografica:
Sono nato a Catania il 15 agosto 1906. Ho seguito gli studi classici conseguendo la licenza liceale nel 1923; ho poi atteso regolarmente agli studi di ingegneria in Roma fino alla soglia dell’ultimo anno. Nel 1928, desiderando occuparmi di scienza pura, ho chiesto e ottenuto il passaggio alla Facoltà di Fisica e nel 1929 mi sono laureato in Fisica Teorica sotto la direzione di S. E. Enrico Fermi svolgendo la tesi “La teoria quantistica dei nuclei radioattivi” e ottenendo i pieni voti e la lode.
Negli anni successivi ho frequentato liberamente L’Istituto di Fisica di Roma seguendo il movimento scientifico e attendendo a ricerche teoriche di varia indole. Ininterrottamente mi sono giovato della guida sapiente e animatrice di S. E. il prof. Enrico Fermi.
Tra queste righe sembra esserci tutto quel che sappiamo di Majorana, un carattere schivo, una certa noncuranza nel descrivere le sue ricerche, la stessa che gli faceva gettare via il pacchetto vuoto di “Macedonia” dove aveva scritto rapidamente le formule per chiarire un problema sotto gli occhi perplessi dei “ragazzi di via Panisperna”.
E l’ironia sotto traccia, visto che Majorana non fu mai davvero uno dei ragazzi di Fermi. Nel 1926 il fisico e senatore Orso Maria Corbino aveva istituito per Fermi la prima cattedra di Fisica Teorica, successivamente Fermi e Corbino iniziarono un’attività di reclutamento che portò a via Panisperna Edoardo Amaldi, Franco Rasetti, Emilio Segrè e più tardi Bruno Pontecorvo e Oscar D’Agostino.
Fu Segrè nel 1928 a far incontrare Majorana con Fermi e Rasetti, ma sin dall’inizio l’indole lo portava più spesso in biblioteca che in laboratorio. Il contributo al gruppo è testimoniato da una serie di articoli di spettroscopia e teoria atomica, tra i quali va ricordato Atomi orientati in campo magnetico variabile (Nuovo Cim 9, 43–50,1932), dove è descritto l’effetto di modificazione delle righe spettrali oggi chiamato Majorana-Brossel, e lo spin flip (ribaltamento) dell’elettrone.
Si ricorda anche una vivace discussione in cui, commentando i risultati dei coniugi Joliot-Curie, commenta: “Che stupidi! Hanno scoperto il protone neutro e non se ne accorgono!” Lo spirito critico gli vale l’appellativo di “Grande Inquisitore” nella chiesetta della nuova fisica dove Fermi è il Papa, e Rasetti il Cardinale Vicario.
Pur attento agli sviluppi sperimentali della fisica atomica, Majorana è interessato agli aspetti fondazionali della teoria quantistica, in particolare al ruolo della simmetria negli approcci gruppali di H. Weyl, E. Wigner, ed alle formulazioni più astratte e potenti della teoria, quelle di P.A.M. Dirac e W. Heisenberg.
Durante il 1933 Majorana visita Lipsia e conosce Heisenberg, con il quale instaura un buon rapporto, tale da fargli superare la ritrosia a pubblicare: vede così la luce il lavoro sulla teoria dei nuclei che contiene “le forze di scambio di Heisenberg- Majorana”. Si tratta di una delle prime affermazioni di un nuovo stile di spiegazione tipicamente quantistico, poiché non si tratta di forze classiche ma di un effetto dovuto alla simmetria di scambio tra particelle indistinguibili.
Al ritorno il rapporto con l’istituto diventa irregolare come forse quello con la fisica. Ma nel 1937 accetta la cattedra di Fisica Teorica “per chiara fama” a Napoli, dove tiene un corso sulla Meccanica Quantistica con uno stile estremamente moderno. Scompare il 26 Marzo 1938 sulla rotta Palermo-Napoli per entrare in quella che lo scrittore argentino Ricardo Piglia direbbe la macchina delle storie, protagonista di saggi, inchieste, opere cinematografiche e liriche e romanzi, a cominciare dall’ormai classico La scomparsa di Majorana (1975) di Leonardo Sciascia.
Intervista a Piero Maravalli sulla macchina di Dio di Pier Giorgio Caria.