Gas verde: è davvero la soluzione?

Ormai da tanti anni gli scienziati climatologi fanno appello a tutti gli Stati del mondo per sospendere ed abbandonare definitivamente l’utilizzo dei combustibili fossili. In effetti, come spiegato da tantissimi studi scientifici, l’interruzione dell’estrazione di petrolio potrebbe evitare il riscaldamento globale oltre i 1,5 gradi. Ma nonostante ciò, la direzione intrapresa dalla maggior parte dei Paesi sembra non voler prendere in considerazione le sollecitazioni della comunità scientifica. In effetti è in corso una vera e propria corsa al gas naturale, come sostituto del petrolio.
Attualmente sono in progetto diversi gasdotti. Tra Russia e Germania è in progettazione il North-Stream 2; altri in costruzione in Romania; un nuovo progetto chiamato East-Med che dovrà collegare Israele con la Grecia e l’Europa. C’è anche il Tap in via di completamento, collegante l’Azerbaijan e l’Europa. Fino ad arrivare al progetto della Norvegia, che ha previsto attraverso l’uso di una grande sito di stoccaggio di immagazzinare la CO2 con la tecnica del Ccs.

“Basta difendere modelli energetici vecchi e inquinanti. Il governo semplifichi le autorizzazioni per gli impianti a fonti rinnovabili e con la prossima legge di bilancio inizi a tagliare i sussidi alle fonti fossili”. Queste sono state le parole di Legambiente, che a pochi giorni dallo sciopero nazionale per il clima del 9 ottobre ha presentato un dossier dal titolo “La decarbonizzazione in Italia non passa per il gas”, in cui vengono sfatate delle opinioni comuni sul metano fossile, spiegando i motivi di questa corsa insensata.

Nel comunicato stampa rilasciato dall’associazione è stato precisato come per uscire dall’uso del carbone non sia necessario realizzare nuove centrali a gas: basterebbe aumentare l’attività delle esistenti da 3200 ore a 4000. Ma ciò che preoccupa è il fatto che una conversione all’uso del gas naturale non è positiva per l’ambiente e per affrontare seriamente la situazione sono richieste soluzioni rinnovabili, come le fonti solari o eoliche. Infatti negli ultimi 20 anni le nuove centrali a metano hanno prodotto il doppio dell’energia rispetto a quella richiesta.
Nel dossier pubblicato dall’associazione, Legambiente ha richiesto di eliminare tutte le centrali a carbone entro il 2025 e quelle da fonti fossili (metano compreso) entro il 2040, al contempo riducendo le risorse per i nuovi impianti previsti dal Capacity Market.

Senza dimenticare che l’Italia per le energie rinnovabili avrebbe un grande potenziale e ottimi numeri di installazioni. L’accordo di Parigi ha sollecitato tutti gli Stati del Mondo a procedere ad una svolta radicale nella produzione energetica elettrica e termica, anche per la mobilità. Ancora, Legambiente ha ricordato che i fondi europei per la riconversione industriale delle centrali a combustibili fossili ammontano a 364 milioni e possono mobilitare altri investimenti di privati per oltre 4,5 miliardi. Ha spiegato anche come sia dimostrato che il metano, oltre a non aiutare nel processo di decarbonizzazione, sia un gas serra molto più potente rispetto alla CO2 a breve termine.

L’associazione nel dossier ha citato infine i vari luoghi di transizione presenti in Italia: La Spezia, Monfalcone, Brindisi e altri. Purtroppo anche il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNEIC) approvato da Bruxelles prevede l’uso di nuovi impianti a gas. Ma la strada migliore è un’altra.
Inoltre, anche i giovani attivisti del movimento Fridays For Future hanno dichiarato come questo decennio sia «cruciale: le scelte che facciamo, le politiche che adottiamo sono determinanti per il futuro della nostra e delle prossime generazioni».

Hanno parlato poi di azioni urgenti per combattere i cambiamenti climatici chiedendo proprio negli scorsi giorni alle città italiane di attuare uno sciopero nazionale per il clima, di abbandonare l’energia derivante da combustibili fossili di natura non rinnovabile, a favore del fotovoltaico e dell’eolico. Grazie a quest’ultimi si potrebbe produrre energia da fonti rinnovabili, utilizzando i fondi europei provenienti dal Recovery Fund. Di conseguenza sembra che vari Stati europei, fra cui anche l’Italia, non vogliano in alcun modo tenere conto degli effetti negativi di lungo periodo sull’ambiente e sulla salute dei propri cittadini e dell’umanità: nessuno ha pensato alle possibilità offerte dalle energie rinnovabili.

Questo comportamento indecifrabile, di riproporre soluzioni energetiche di vecchia concezione, alla luce della cultura ambientale acquisita nel tempo da parte della popolazione, pare una immensa forzatura. La questione si è aggravata, visto che è stato più volte rilevato come dall’uso del gas naturale come combustibile per i mezzi di trasporto si produca una grandissima quantità di inquinamento, rispetto a quanto si riteneva, in modo erroneo, nel passato.

Articolo Antimafiaduemila

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